A luglio ricorre il 52° anniversario di una catastrofe nucleare accaduta in America di cui tuttora si conosce ben poco.
Si era in piena guerra fredda e, a causa della assoluta segretezza, solo 5 settimane dopo l’incidente fu emesso un laconico comunicato stampa datato 29 agosto 1959:
Durante un’ispezione degli elementi del combustibile il 26 luglio al Reattore Sperimentale al Sodio operante sotto l’egida della Commissione per l’Energia Atomica a Santa Susana, California, dalla Atomics International, una branca della North American Aviation fu osservata la rottura di una cella a combustibile.
Il danneggiamento di una cella a combustibile non è indice di un reattore insicuro. Non vi è stato alcun rilascio di materiale radioattivo nell’impianto o nei suoi paraggi e il personale all’opera non è stato esposto a situazioni nocive.
In ogni caso, tutti e sette i condotti delle celle a combustibile sono rimasti nel nocciolo. Questo carico di combustibile, avvicinandosi il termine della sua vita utile, era destinato ad essere rimosso entro breve tempo.
Cosa nascondono queste parole dietro il lessico tranquillizzante?
Probabilmente il più grave disastro nucleare nella storia degli Stati Uniti e la prima fusione parziale di un reattore nucleare al mondo.
Fu l’unico avviso al pubblico che qualcosa di anomalo era successo alla “Collina”, così era soprannominato il laboratorio. Per i 20 anni successivi non se ne seppe più nulla.
Il Santa Susana Field Laboratory e lo SRE (Sodium Reactor Experiment) erano situati sulla cima di una montagna sul lato orientale della contea di Ventura al confine con la valle di San Fernando. Dal 12 al 26 luglio 1959 una quantità sconosciuta di gas radioattivo fu deliberatamente fatta uscire dal reattore onde prevenirne il surriscaldamento e la conseguente esplosione.
Diversamente dai reattori atomici convenzionali, che utilizzano l’acqua per raffreddare le barre di materiale fissile nel nocciolo, il SRE utilizzava il sodio poiché tale elemento chimico può operare a pressione minore. Il sodio allo stato puro è un metallo infiammabile all’aria che diventa esplosivo al contatto con l’acqua.
Trattandosi di un reattore sperimentale era privo di particolari strutture per garantirne la sicurezza. Non è dato sapere quanta radioattività realmente si sparse per la valle di San Fernando e la vicina metropoli di Los Angeles.
Chi conosce Bill Kaysing, padre della teoria della beffa della Luna, sa che lui giovane laureato lavorò al Propulsion Field Laboratory presso la Rocketdyne nel medesimo complesso proprio nel periodo dell’incidente. La sua famiglia viveva in una tipica villetta a schiera stile anni 50 a Canoga Park (ora chiamato West Hills), nell’estremità occidentale della valle di San Fernando alle pendici della montagna di Santa Susana. Kaysing scelse quel posto per la vicinanza con il luogo di lavoro alla Rocketdyne. Una estate la moglie Carol, mentre era fuori a curare il giardino, vide una gigantesca nube rossastra alzarsi dalla sommità della montagna in una giornata altrimenti senza nuvole. Decenni dopo si ricordò della strana evenienza assieme alla figlia minore Jill. C’è da chiedersi come quella emissione probabilmente di gas fosse collegata con gli eventi del reattore al sodio.
Bill Kaysing (in piedi a sx con i colleghi d'ufficio) durante la sua permanenza alla Rocketdyne (© BillKaysing.com)
Quanto alla NAA (North American Aviation), che ora fa parte della Boeing, gli storici delle imprese spaziali sanno che fu una delle maggiori aziende aerospaziali americane coinvolta nel programma Apollo e dello Space Shuttle.