Archive for febbraio, 2012

29 febbraio 2012

Un uomo, un perchè

Paolo Attivissimo ha commentato:

Pianetax,

ho respinto il tuo commento. Con questo è il terzo che cerca di eludere la domanda che ti ho fatto.

Te la rifaccio. Vediamo se a furia di ripetizioni riesco a farti capire che in una conversazione civile si risponde alle domande e non si cerca di scansarle.

Se era davvero impossibile andare sulla Luna con un equipaggio a causa delle “condizioni fisiche”, perché i russi progettarono anche loro missioni con equpaggio intorno alla Luna e costruirono anche loro un veicolo per scendere sulla Luna con un cosmonauta?

Rispondi, per favore. Non sprecare tempo a inviare commenti che non rispondano: verranno cestinati.

Henry DunantUn mio bisavolo da parte di madre fu assistente “improvvisato” e carrettiere di Henry Dunant fondatore della Croce Rossa. Proprio in occasione della feroce battaglia che si svolse qui dalle mie parti nella campagna tra Solferino e San Martino (ora “della Battaglia”) del 24 giugno 1859 in seguito alla quale l’uomo d’affari ginevrino ebbe l’idea di creare un’organizzazione neutrale internazionale che si occupasse delle vittime delle guerre indipendentemente dalla loro appartenenza agli schieramenti e coinvolgimento nei conflitti. Il mio bisavolo trasportava i feriti col suo carretto dal campo di battaglia ai luoghi in cui Dunant cercava di organizzare i civili, in particolare le donne, per soccorrere i soldati di ambo gli eserciti.

Tornato in Svizzera, Henry Dunant scrisse un libro, “Ricordi di Solferino” e, senza sprecare tempo, iniziò a girare l’Europa promovendo la sua idea in favore delle vittime delle guerre. La sua iniziativa non fu respinta e quattro anni dopo un comitato di 5 persone formò ufficialmente la organizzazione umanitaria.

In risposta alla domanda del signor Paolo dirò che i russi misero a punto un enorme programma spaziale segreto e probabilmente arrivarono perfino prima vicino alla Luna nel 1968  con la capsula Zond 5, come documentato nel libro Il Mistero della Luna di Sotiris Sofias, in condizioni di assoluta insicurezza come si poteva fare nei paesi a socialismo reale dove non vi era una opinione pubblica. I sovietici annunciavano i loro exploit spaziali, fino agli anni 80, solo dopo che erano avvenuti, così quando qualcosa andava storto, nessuno sapeva niente perché niente trapelava dalla cortina di ferro. Della spedizione Zond 5, che fu con uomini a bordo,  non si sa nulla perché finì tragicamente, i cosmonauti non riuscirono purtroppo a tornare a casa vivi.

In America vi era una forte opinione pubblica che non avrebbe tollerato la perdita di astronauti durante le imprese spaziali (specie dopo la tragica sorte toccata a Grissom, Chaffee e White). Probabilmente fu uno dei motivi per i quali la Nasa decise a un certo punto di simulare gli allunaggi mantenendo falsamente la promessa del defunto presidente John Kennedy di conquistare la luna “before this decade is out”. La Nasa non poteva inoltre ignorare gli studi dello scienziato statunitense James Van Allen sulla pericolosità delle radiazioni che lui aveva scoperto da pochi anni. I russi tacciono la beffa americana semplicemente perchè anche loro hanno tanto, troppo da nascondere!

26 febbraio 2012

La prima stella della sera

Venere-Luna-tramonto

In risposta a diversi visitatori, che hanno sollevato la questione dell’impossibilità di fotografare le stelle dalla Luna, offro questa immagine: se è possibile fotografare il vicino pianeta Venere in piena luce come mai non lo fecero dalla Luna in condizioni non presenti sulla Terra?
Non solo causa la presenza dell’atmosfera, ma anche per le oggettive condizioni geometriche del sistema solare. Venere è un pianeta interno rispetto alla Terra, quindi è visibile prima del tramonto o subito dopo l’alba poiché rimane vicino al Sole dal punto di vita dell’osservatore terrestre. Per questo viene anche chiamato “portatore della notte” (Noctifer) o della morte del giorno (Mortifer). In tempi antichi, si riteneva fossero due stelle separate: “prima stella della sera” (Vesper) e “prima stella del mattino” (Lucifer).
Dalla Luna, gli astronauti delle 6 missioni Apollo avrebbero potuto, grazie alle ottime macchine fotografiche Hasselblad, scattare magnifiche immagini di Venere senza il riverbero e il bagliore della luce solare in un cielo nero come la pece.
Non lo fecero semplicemente perché sulla Luna non ci sono mai andati.
Vi viene in mente un’altra spiegazione plausibile?

https://www.metabunk.org/data/MetaMirrorCache/5dd979ffc5b9c5b465c6d8afc08675ac.jpg

Venere fotografata con una Nikon P900.

25 febbraio 2012

Oro, “argento” e “birra”

Il mito globale dei Re Magi
Perché il racconto commuove ancora il mondo
Nei Vangeli, l’apparizione dei Magi è timidissima. Ignoriamo chi siano i Magi che, nel Vangelo di Matteo (l’unico che li ricorda), giungono da Oriente: sappiamo soltanto che seguono una stella, giungono a Betlemme, entrano nella casa di Giuseppe e Maria, vedono il bambino, si prostrano, gli rendono omaggio e gli offrono i doni: oro, argento e mirra.

http://www.corriere.it/cultura/libri/11_dicembre_20/scarlini-il-natale-dei-magi_a6718cf6-2b15-11e1-b7ec-2e901a360d49.shtml

LA STELLA DI BETLEMME DECIFRATA - Sotiris Sofias . copertinaNon passa inosservato l’errore argento al posto di incenso del Corriere della Sera, questo fogliaccio completamente in mano alla Massoneria, di chi sappiamo essere al servizio. Lo spregio recondito verso le scritture sacre viene esternato anche attraverso questi “refusi”. Non è la prima volta. Ma c’è dell’altro. Questo pezzo del piffero non fa altro che vomitare veleno e falsità contro al verità storica insistendo sul “mito” inseguendo l’obiettivo storico di questa gente  di negare la veridicità dell’esistenza di Gesù Cristo e sopratutto far dimenticare il suo messaggio.

Sotiris Sofias nel suo magnifico libro La Stella di Betlemme decifrata ha chiarito non solo la storicità dei Magi, con relativa cronologia assoluta, ma anche la natura astronomica della stella che li condusse a Betlemme.

22 febbraio 2012

I neutrini sono morti assieme ai filistei

Dal Corriere della Sera online di oggi 22-2-2012:

IL CASO AL CERN
I neutrini non sono più veloci della luce
Il neutrino più veloce della luce? Forse no
Scoperta dal team italiano un’anomalia degli strumenti. La notizia, che metteva in discussione la Teoria della relatività di Einstein, aveva fatto il giro del mondo
SCIENZE «Science Magazine»: errore per il cattivo funzionamento di un cavo a fibra ottica

http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/12_febbraio_22/neutrino-anomalia-strumenti_a3ade0b4-5d92-11e1-8d58-29f34aaed5a4.shtml

Filistei

Muoia il neutrino con tutti i filistei

Posted: 18 novembre 2011 in Complotti lunari, Mass media

Neutrini: ok test, ‘piu’ veloci della luce’
Superata nuova prova. Eliminata ogni possibile fonte di errore

Ma siamo sicuri? Che questi eretici gransassaioli elvetici vogliono uccidere il dio Einstein su cui si basa tutta la scienza che in 100 anni ci è stata propinata da Hollywood?
Un peccato mortale imperdonabile ribellarsi a quel dio beffardo che i padroni del mondo ci vogliono fare adorare in vece del vero Dio. Il superamento della velocità della luce apre scenari incontrollabili che saranno subito richiusi. Come la questione della “direzione” del tempo, solo per fare un esempio.

State pur certi che il neutrino impossibile verrà offuscato e presto mandato nel dimenticatoio come un errore grossolano degli strumenti.
Altrimenti cadrebbe l’immondo castello si carte su cui si regge la società occidentale e la sua scienza farlocca che ha ritrattato la fusione fredda di Martin Fleischmann e Stanley Pons , per compiacere i petrolieri, più ancora per il fatto che avrebbero dovuto riscrivere buona parte della fisica moderna. Ai due scienziati fu fatto capire che sarebbero stati loro offerti un sacco di soldi e posizioni di prestigio in cambio di scoprire niente, intanto che gli scienziati “ortodossi” demolivano dimostrando “sbagliata” la loro teoria fondamentale sviluppata all’università dello Utah. Dopo che le prime innocenti controprove avevano confermato la validità della fusione fredda.

https://pianetax.wordpress.com/2011/11/18/muoia-il-neutrino-con-tutti-i-filistei/

18 febbraio 2012

Le teorie di Alberto Einstein

Discorso tenuto dal Prof. Quirino Majorana all’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna in occasione della inaugurazione dell’Anno Accademico nella sessione del 9 Dicembre 1951.

Quando, una ventina di giorni addietro, il Presidente della Classe di Scienze Fisiche (alla quale spetta per turno di tenere il discorso inaugurale, Prof. Alessandro Ghigi, forse in omaggio al mesto privilegio della mia anzianità (appartengo da 30 anni a Questa Accademia), mi invitò a tenere questo discorso, io cercai di esimermi da tale onorifico incarico. Osservai, infatti, al Presidente, che non avrei avuto il tempo per prepararlo adeguatamente. Infatti, dissi, ho in corso lavori, per me, di grande interesse, e non mi sarebbe possibile distrarre da essi quel tempo. Avendo il Prof. Ghigi insistito nell’invito, si convenne che avrei appunto potuto parlare di tali lavori, per quanto in Questa Sede ed in questo momento, si dovrebbero trattare solo verità, fatti o teorie, già solidamente acquisite dalla Scienza. Debbo dire però, che l’argomento o lo studio che ora compio, mi occupa intensamente da un decennio. Di esso, peraltro, mi ero occupato saltuariamente, sin dal 1916. In tutto questo periodo, ho alternato le ricerche logiche, con quelle sperimentali, in relazione alle Teorie di Alberto Einstein, che, nella prima forma, comparvero nel 1905. Quanto avrò occasione oggi di riassumere è già comparso, od è in corso di stampa, negli atti Accademici.

Credo opportuno che io dichiari sin dal principio, come io sia decisamente contrario alla accettazione delle teorie del fisico tedesco. Voglio però altresì ricordare, come fra i cultori di fisica ed anche di matematica, io non sia il solo ad avere un simile atteggiamento. Fra gli oppositori alle Teorie di Einstein, si possono ricordare i seguenti, veramente autorevoli Dingler, Duhem, Esclagon, Geherke, Gleich, La Rosa, Lenard, Milne, Mohorovicic, Painlevé, Reuterdhal, Righi (che scrisse quattro Memorie, proponendo un esperimento contro la relatività), Sce, Somigliana, Wiechert, e molti altri. Il numero di tali oppositori è dunque notevole, pur essendo piccolo, di fronte alla stragrande maggioranza di coloro che credono alla relatività di Einstein. Ciò non di meno, io credo che si tratti di un contrasto, che non ha precedenti nella storia della Scienza. Tale contrasto è tanto più acceso, in quanto ha degenerato spesso in vivaci e non conclusive polemiche. Leggendo i lavori degli autori citati, e specialmente quelli tedeschi, è facile trovarvi qualifiche aspre delle teorie di Einstein. Così, vi si afferma che esse rappresentano una mathematische Fiktion; oppure che esse sono überflüssig und falsch; od infine che esse non costituiscano che un drolliger Witz.

Il mio orientamento, non dipende tanto da simili asserzioni, quanto dalle mie particolari attitudini sperimentali. Esse risalgono a ben 60 anni addietro, a quando cioè cominciai, dopo aver conseguito la laurea di ingegneria, a preparare la mia tesi sperimentale, per la laurea in fisica. Da allora, ho sempre continuato nel mio metodo; preparando quasi sempre da me stesso, gli apparecchi necessari alle mie ricerche. Ritengo che ciò mi abbia permesso una più netta visione della realtà dei fatti. Anche in quest’anno, profittando della ospitalità del Collega Prof. Giorgio Valle, che ho ancora il dovere di ringraziare, ho allestito un dispositivo sperimentale, che prova l’infondatezza della teoria di Einstein. Dico ciò, a parte i ragionamenti che mi conducono allo stesso risultato, ed a cui farò cenno.     

Partecipanti al Congresso Internazionale di Fisica Nucleare di Roma (11-17 ottobre 1931) Fra i partecipati si notano Marie Curie, Guglielmo Marconi, Enrico Fermi e Quirino Majorana

Partecipanti al Congresso Internazionale di Fisica Nucleare di Roma (11-17 ottobre 1931). Fra i partecipanti si notano Marie Curie, Guglielmo Marconi, Enrico Fermi e Quirino Majorana

Nel corso di tutto il secolo XIX, si è delineato il grande successo di un’importantissima teoria, che segnò un vero progresso della Scienza, col fornire uno schema veramente suggestivo, dei fenomeni non propriamente materiali, ma ottici, ossia dell’energia raggiante. Si tratta della teoria dell’etere cosmico. Essa, in opposizione con quella, autorevolmente formulata da Newton, (che poi, per un curioso avvicendamento delle idee umane, è risorta nel nuovo secolo, sia pure alquanto modificata), si appoggia ai nomi di pionieri come Huygens, Young, Fresnel, Faraday, Maxwell, Hertz, Lorentz. Sulla fine del secolo XIX, nessuno sembrava dubitare dell’esistenza di quel tenuissimo e, per vero, incontrollabile fluido, che, riempiendo tutto lo spazio (anche quello fra gli atomi naturali, e gli atomi stessi), dava ragione delle minute caratteristiche del fenomeno ottico. In quell’epoca, facevano testo libri di grandi scienziati, dal titolo: “Fisica dell’etere”. Mi ricordo che Galileo Ferraris, quando nel 1895, presiedeva la Commissione per l’imposizione della tassa sull’energia elettrica, (di cui io fui segretario), forte dei suoi successi del suo campo magnetico rotante, mi diceva: “Stiamo per toccare con mano l’etere”. Senza l’etere, non erano spiegabili, per es., i fenomeni di polarizzazione, il campo elettromagnetico, e la sua propagazione.

Ma come quasi tutte le teorie umane, anche quella dell’etere cosmico era destinata a cadere. Esaminiamo la ragione di ciò. Il fisico si rendeva conto dei fenomeni meccanici. La meccanica di Galileo e di Newton pareva avesse ormai nulla di oscuro. Si dice ciò, tralasciando di considerare che nulla l’uomo ha mai saputo, nè forse saprà mai, della vera essenza dei fatti fondamentali della meccanica, come l’inerzia e la gravitazione. Comunque, certi principii erano generalmente e facilmente accettati, forse perchè appoggiantisi alle dirette impressioni dei nostri sensi. Fra essi la relatività del moto, detta relatività di Galileo. In alcune stupende pagine, questi rilevò come non fosse possibile accorgersi, nell’interno di un sistema (la nave, nell’esempio di Galileo) del suo moto di traslazione, rispetto ad altri sistemi.

Ma nello spirito del fisico, per quanto riguarda i fenomeni ottici, od elettromagnetici, qualcosa rimaneva di assai oscuro. Si dice ciò, perchè la teoria dell’etere avrebbe ammesso, che nell’interno della nave di Galileo, sarebbe stato rilevabile il suo moto, servendosi di fenomeni ottici. Infatti, la sua teoria corrispondeva ad ammettere, che, nell’immensità degli spazi, l’etere costituisse qualcosa di immobile, capace però di subire perturbazioni elastiche, propagantisi nello spazio stesso, con la velocità della luce, cioè di 300.000 km/sec. Si domandava allora: se l’etere veramente esiste, la materia in moto agirà in qualche modo su di esso? Le risposte logiche a tale domanda potevano essere tre: l’etere resta fermo nella sua originaria posizione; l’etere rimane trascinato dal moto dalla materia; l’etere rimane parzialmente trascinato dalla materia. Il fisico tentò di chiedere all’esperienza, la risposta a tale domanda, già verso la metà del secolo scorso.

Dopo esperienze non conclusive, che datano dal 1867, ad opera di Babinet, e dal 1874, di Mascart e Jamin, ne fu realizzata una famosa, dovuta a Michelson e Morley, nel 1881. Con essa, i suoi autori si proponevano di vedere se, orientando un certo apparecchio (interferometro) diversamente, rispetto al moto della Terra intorno al Sole, si osservasse, in conseguenza di quel moto (30 km/sec) qualche effetto. L’esperienza che fu poi ripetuta più volte, ebbe esito negativo. Si sospettò che tale risultato potesse dipendere da trascinamento totale o parziale dell’etere, da parte della Terra. Si fecero così, esperienze situando l’apparecchio alquanto discosto dalla superficie sferica, media, terrestre: e, per vero, dapprima sul Monte Wilson (1800 m di altitudine); e poi, da Picard in pallone libero, sperimentando per 4 ore a 2500 m di altezza. L’esito di tali ricerche fu sempre negativo[1]. Le caratteristiche del fenomeno ottico, interessante i corpi in moto, rimanevano dunque misteriose. Fu così che Fitz Gerald, e Lorentz, indipendentemente, avanzarono un’ipotesi che aveva il carattere di coup de pouce (come diceva Poincaré). Secondo essa, ammettendo pur sempre la reale esistenza dell’etere, la materia, costretta a muoversi attraverso di esso, si contrarrebbe alquanto, nella direzione del moto[2]. Il valore di tale contrazione sarebbe precisamente quello necessario, a giustificare il nessuno effetto, rilevato nell’esperienza di Michelson. Questo concetto fu bene sviluppato in una seconda teoria di Lorentz, che stabilì certe equazioni, che vennero chiamate Trasformazione di Lorentz. Mediante esse, si poteva spiegare perchè, conferendo moto uniforme a della materia, i fenomeni ottici si svolgano in essa, come quando è ferma.

Forse perchè la spiegazione di Lorentz appariva artifiziosa, mentre l’esistenza reale dell’etere si sottraeva ad ogni diretto controllo, Einstein, poco dopo, nel 1905, formulò una sua nuova teoria, la relatività speciale (per distinguerla da un’altra comparsa 11 anni dopo,la generale). È da ritenersi che sembrava ad Einstein necessario servirsi ancora delle equazioni di Lorentz, chiamate appuntotrasformazione di Lorentz, dando ad esse un’altra interpretazione, e deducendole analiticamente, in modo del tutto diverso. Egli riuscì in ciò, partendo da due postulati, che sono le basi della nuova teoria. Col primo, si ammette che i fenomeni ottici si svolgono sempre nella stessa guisa, in un sistema, indipendentemente dal suo moto uniforme. Tale I postulato è identico a quello di Galileo per la meccanica, ed è conforme al risultato negativo dell’esperienza di Michelson. Ma esso non basta per ottenere la Trasformazione di Lorentz. Einstein ne aggiunse un secondo, per il quale la velocità della luce ha sempre lo stesso valore, per qualsiasi osservatore, in quiete od in moto. Si debbono a questo postulato, tutti i contrasti a cui la teoria di Einstein dà luogo. Infatti, esso contradice i più semplici criteri della cinematica classica. Esso equivale ad ammettere, nel campo della meccanica, un principio così enunciabile: un veicolo in moto è giudicato muoversi sempre con la stessa velocità, da un altro veicolo dotato di qualsiasi velocità. L’evidente contradizione col senso comune, fu apparentemente sanata da Einstein, con l’accettare audacemente certe deduzioni matematiche, che necessariamente scaturivano dall’ammissione di quel postulato. Esse consistono nell’ammettere che le lunghezze (nella direzione del moto) di un sistema in moto rispetto ad un altro, vengono giudicate più corte, da questo. Inoltre, i tempi sono anch’essi cambiati, ossia nel sistema in moto, il tempo scorre più lentamente. Come diceva Einstein, anche in pubbliche conferenze, nel sistema in moto, l’età degli individui si accresce più lentamente.

La novità di tali ammissioni, l’apparente eleganza matematica dei calcoli relativi, ebbero consenso e successo, presso la grande maggioranza dei matematici e dei fisici. Ciò avveniva anche, perchè i primi vedevano tradotte in realtà, talune teorie matematiche o geometriche, che sino allora erano puramente ideali.

E qui, torna acconcio rilevare la profonda differenza logica, che intercede tra la concezionc di Lorentz e quella di Einstein. Il primo partiva dalla nozione dell’etere; ed ammetteva che esso provocasse nella materia, la nota reale contrazione. Nella teoria di Einstein non si può più ammettere l’esistenza di tale fluido: in natura non ci sarebbe che materia. E questa apparisce contratta ad un altro sistema, con cui è in moto. Ammesso ciò, si comprende come la contrazione di Einstein non possa essere che apparente, perchè di due sistemi reciprocamente in moto, tale qualità può essere attribuita all’uno od all’altro.

Tale è dunque l’aspetto cinematico, della teoria speciale della relatività. Esso è ritenuto impeccabile, non venendo sottoposto, di solito ad attento esame. Quella teoria avrebbe dunque portato alla scoperta di una nuova caratteristica della metrica dello spazio e del tempo, nel caso di sistemi reciprocamente in moto, in completo disaccordo con la comune nostra osservazione dei fatti naturali, che riguarda velocità relative, enormemente più piccole di quella della luce.

Accettato un simile concetto, chi studia la relatività può restare ammirato del modo con cui questa teoria dà ragione del fatto, per cui essa è stata creata. E cioè, la cosidetta invarianza dei fenomeni ottici od elettromagnetici dal moto uniforme, al quale i sistemi in cui si svolgono, sono soggetti.

Ma, ritornando alla parte semplicemente cinematica della teoria, è possibile vedere talune sicure contradizioni a cui essa dà luogo. Ciò ha costituito oggetto di mio attento esame, da parecchi anni, e su tale punto desidero richiamare la Vostra attenzione, mentre osservo sin d’ora che si tratta di argomentazioni semplici e chiare, che con vera sorpresa non si prospettano alla mente dei fautori della relatività.

Consideriamo due sistemi reciprocamente in moto rettilineo uniforme. Supponiamoli costituiti da due regoli di uguale lunghezza che chiamiamo AB ed A’B’. Essi possono scorrere l’uno sull’altro a velocità costante, che supponiamo grandissima. Ammettiamo dapprima che sia A’B’ a muoversi rispetto ad AB tenuto fermo. In un certo istante A’B’ si sovrappone ad AB; e successivamente lo sopravanza. Tenendo presente quanto è stato detto, la relatività porta all’ammissione che AB giudica A’B’ alquanto più corto del valore che esso ha, quando è in riposo. Così, se A’B’ si muove con una velocità uguale a metà di quella della luce, AB lo giudica uguale a circa 0,85 del suo valore. Se A’B’ si muovesse con la velocità della luce, la sua lunghezza si annullerebbe. Così pure, AB ritiene che in A’B’ il tempo si sia allungato: in un anno di AB non entrerebbero che 10 mesi di A’B’, se questo si muove con la velocità metà della luce. Se tale velocità della luce fosse raggiunta da A’B’, il tempo in tale sistema si arresterebbe: ossia un orologio non batterebbe più il suo ritmo, od il cuore di un essere vivente si arresterebbe. E’ strano come si possano fare tali asserzioni, senza alcuna conferma sperimentale.

Ma che tali asserzioni siano inconsistenti, si può comprenderlo invertendo le condizioni dei due regoli, cioè supponendo che sia AB a muoversi rispetto ad A’B’. Dovrebbe apparire allora AB alquanto contratto nello spazio e rallentato nei tempi, all’altro regolo A’B’. I due fatti non possono coesistere. Nè si può parlare di apparenza, provocata dal tempo necessario alla luce per trasmettersi fra punti discosti; chè, infatti, la contradizione è rilevabile tra punti dei due sistemi in precisa coincidenza.

Di contradizioni simili[3], applicando la relatività di Einstein a casi svariati, se ne possono rilevare altre. Io non insisto nell’esporlo, anche perchè esse sono meno semplici. Comunque esse non sono tenute di solito in gran conto; e si suole appoggiare il credito che la relatività riscuote, a certe verifiche fisiche. Fra esse, primeggia quella astrononomica data dall’esame degli spettri luminosi, delle stelle doppie Queste sono costituite da due astri, quasi eguali di massa, di cui, uno almeno, è luminoso, che ruotano l’uno intorno all’altro. La luce che così a noi perviene, proviene da sorgente che alternativamente si avvicina e si allontana da noi. Si deve dire, che gli spettri così osservabili, dei vapori incandescenti sulle loro superficie, contengono righe spettrali più o meno distinte. Tale fatto, nella più semplice interpretazione, sarebbe una prova della costanza della velocità della luce; e ciò sarebbe d’accordo con la relatività; mentre negherebbe il principio, secondo cui, in assenza dell’etere, la velocità della luce si dovrebbe sommare con quella della sorgente (ipotesi cosidetta balistica, analoga a quella che si formula per i proiettili). Infatti, se così avvenisse, al nostro occhio dovrebbero pervenire, con velocità diverse, radiazioni provenienti da località diverse dell’orbita della doppia, qualche centinaio; così le righe spettrali risulterebbero nello spettro, variamente spostate, e, nel loro grande numero, l’occhio non le percepirebbe.

Malgrado tale obbiezione, che può a prima vista apparire grave, io penso che l’osservazione delle righe spettrali delle doppie, non depone senz’altro a favore della relatività. Da più anni, ho infatti avanzato una semplice e plausibile ipotesi, che tenderebbe ad eliminare 1’obbiezione stessa. Si deve, infatti, tenere conto della circostanza per cui, nel caso delle lontane stelle doppie, i fotoni che esse ci mandano sono stati in reciproca presenza per tempi lunghissimi (anni, decenni, secoli) e noi non sappiamo se in tanto tempo non si sia manifestata tra loro qualche sconosciuta azione. Basta supporre che in sì lunghi periodi, le velocità dei fotoni, leggermente diverse, dall’uno all’altro, si siano eguagliate. Ciò permetterebbe di scorgere gli spettri a righe di quelle stelle, come realmente avviene. Questa nuova ipotesi ridarebbe credito a quella teoria balistica della luce, che, formulata dal fisico svizzero Ritz, fu ripresa con successo dal nostro La Rosa, entrambi prematuramente scomparsi.

Un altro appoggio alla relatività, è dato dalla cosidetta invarianza dei fenomeni ottici od elettromagnetici, dal moto uniforme del sistema in cui essi si svolgono. Ma non è difficile, toglier valore anche a tale prova. Non è il caso che io tenti di spiegare ciò, dovendo far ricorso a concetti speciali e complessi. Tuttavia, mi piace ricordare che, un modo preciso ed elegante per ottenere tale risultato fu indicato, subito dopo la comparsa della relatività, dal fisico svizzero Ritz, di cui si è prima discorso.

Resta da esaminare un ultimo controllo, che si suole portare a sostegno della relatività, e che, sotto un certo riguardo, è ritenuto il più importante. Di esso tutti hanno, per lo meno, sentito discorrere, e costituisce il maggior titolo di gloria di Einstein. Voglio con ciò alludere, al nuovo principio introdotto da Einstein, della cosidetta equivalenza fra massa ed energia. Secondo Einstein, questi due enti potrebbero trasformarsi l’uno nell’altro, senza peraltro che le teorie ammesse, stabiliscano le vere cause di tale trasformazione. Per passare dal valore della massa materiale, a quello di energia ad essa equivalente, basta moltiplicare, secondo Einstein, quella per il coefficiente c2, cioè il quadrato della velocità della luce.

In applicazione di tale principio, si può, per es., dire quale lavoro meccanico si potrebbe ottenere, trasformando completamente in energia, un grammo di materia. Applicando la detta formula, si trova che, con tale grammo si potrebbero innalzare di un centinaio di metri, circa un miliardo di quintali; oppure ottenere circa 3000 kilowatt, per un anno. La relazione riportata: energia = massa x c2 , costituirebbe perciò uno dei più straordinari principii che la mente umana sarebbe riuscita a scoprire. E ciò, sarebbe inteso, sia perchè collegherebbe due enti fisici, apparentemente del tutto diversi, sia per la colossale misura di tale equivalenza. Esso darebbe ragione dell’enorme energia che si sprigiona nelle trasformazioni atomiche, in conseguenza di apparente sparizione di materia. Tale principio appare verificato dall’esperienza, con grande precisione, almeno nel caso dei nuclei degli atomi leggeri.

Ci rimane ora a dire perchè questo fatto, che tanta importanza ha avuto ed avrà nella storia del mondo, non debba ritenersi una prova decisiva, a favore della relatività speciale di Einstein. Osserviamo, intanto, che la ragione di tale giudizio si ricava anzitutto dalla considerazione di quanto è già stato detto. Non ammettendo, nè l’esistenza dell’etere cosmico, nè il 2° postulato di Einstein, ne consegue che la velocità della luce non può essere una vera costante. Non appare così possibile, che tale velocità, variabile da caso a caso, possa costituire un semplice coefficiente di proporzionalità, fra massa ed energia, le quali grandezze rappresentano delle costanti. A parte tale pregiudiziale, esaminiamo l’argomento, sotto un altro aspetto.

Non è da credere, anzitutto, che il principio dell’equivalenza tra massa ed energia, discenda senz’altro da quelli su cui si basa la teoria della relatività. Infatti, si conosceva, prima di questa, un capitolo dell’elettromagnetismo, sviluppato principalmente dal fisico olandese Lorentz, chiamato dinamica dell’elettrone. Con esso, si stabilivano certe proprietà di quel corpuscolo (costituente elementare della materia), ed in particolare, quella di apparire più pesante, al crescere della sua velocità. Va incidentalmente osservato, che questo fatto, che apparisce verificato da molto tempo dall’esperienza, può avere altra interpretazione. Ora, siccome il corpuscolo in parola, col crescere d[e]lla sua velocità ha evidentemente assorbito dell’energia (come quando un sasso viene lanciato), si venne ad ammettere per l’elettrone, il principio per cui l’aumento del suo peso (cioè l’accrescimento della sua massa) corrisponde a trasformazione dell’energia in materia[4].

Con grande arditezza, Einstein estende questo concetto a qualunque massa materiale, anche non elettrizzata. Si dice così, perché se è possibile constatare l’accrescimento di massa per l’elettrone, ciò avviene appunto perché esso possiede una carica elettrica. Da ciò, Einstein arriva alla sua famosa equazione energia = massa x c2 , che, a priori, non ha alcuna prova della sua legittimità.

Come si è detto, tale principio sembra verificato dall’esperienza, e ciò avviene con sempre maggiore precisione, man mano che i ciclotroni od acceleratori di particelle elementari, che si costruiscono in America, aumentano di potenza. In vista di tale constatazione, si può ancora domandare perchè la relatività debba ritenersi inconsistente. Si risponde osservando che questo giudizio risulta con assoluta necessità, dagli argomenti cinematici, che sono stati prima rilevati, e che, per congruenza, occorre spiegare altrimenti l’apparente equivalenza tra massa ed energia.

Un passo, in questo senso, è stato da me compiuto da un paio di anni, come ho già indicato negli Atti Accademici. Accenno sommariamente ad esso. Esiste in natura una forza che domina i più importanti fenomeni, da quelli astronomici a quelli della superficie terrestre, o della struttura della materia. Le indagini in quest’ultimo caso, sfuggono al nostro diretto controllo; e solo è possibile parlare di esso in modo induttivo. Sembra perciò che in ogni caso si tratti della forza newtoniana, che tende ad avvicinare quantità di materia, poste in presenza. Si tratta cioè della cosidetta attrazione universale.

Per vero, nel terzo caso, ora citato, cioè della struttura della materia, ossia di corpuscoli elementari, si dice che non si ha a che fare con la stessa forza, che governa il moto degli astri, o che genera la caduta dei travi. Si ammette, senza maggiormente chiarire, che si tratti di una nuova forza, che si suole chiamare coesione, o nel caso dei nuclei, forza nucleare. Queste forze, in ogni modo, sono enormi in confronto di quelle macroscopiche. Basta pensare per convincersi di ciò, alla forza che sarebbe necessaria per tenere aderente uno strato materiale, al resto di un corpo solido, qualora si applicasse ancora la legge di Newton. Occorrerebbe per ciò considerare una massa attirante lo strato, dell’ordine di milioni di volte quella del Sole.

D’altra parte, questa concezione di una forza di natura diversa, che farebbe sentire i suoi effetti solo a piccolissime distanze, non è affatto intuitiva.

Riflettendo a tale contrasto, si può intravedere la possibilità di un nuovo fatto, sinora ignorato. Si può così pensare, che quando due elementi materiali sono in grandissima vicinanza, la loro attrazione debba risultare molto maggiore di quella che si può calcolare applicando la legge di Newton. Non è il caso di preoccuparsi per ora di concretare la nuova legge, che permetterebbe un simile accrescimento: basta aver intravisto il principio, solo in modo qualitativo. Si spiegherebbe così, l’enorme valore delle cosidette forze di coesione. E allora, si può compiere un ulteriore passo. Poichè è da presumere che tali forze di coesione si manifestino principalmente fra le parti più pesanti dell’atomo, cioè i loro nuclei; e poichè questi nella materia sono a distanza circa 10.000 volte le loro dimensioni, è da presumere che quando i corpuscoli si siano molto avvicinati, sì da formare dei nuclei, le forze interne di questi (cioè, principalmente quelle che tengono uniti protoni e neutroni), debbano esser ancora di molto superiori. Se avviene dunque la formazione di uno di tali nuclei, può darsi che il lavoro ceduto da tali forze, sia talmente grande da permettere la liberazione di considerevoli quantità di energia. Ciò, per esempio, si può dire, può avvenire, nella formazione del nucleo di elio, per l’unione di 2 protoni a 2 neutroni. Poichè si conosce qual sia l’energia liberata in tale formazione, con un calcolo grossolanamente approssimativo, si può comprendere che la forza che lega insieme un neutrone ad un protone sia dell’ordine di 1 kg.

Ora nella concezione di Einstein, la liberazione di tale energia verrebbe a corrispondere alla sparizione di un certo quantitativo di materia, essendo il nucleo di elio alquanto più leggero della somma delle masse dei 4 componenti. Ma una simile ammissione non è del tutto giustificata. Essa non dà affatto ragione, del perchè i quattro costituenti dell’elio debbano permanentemente restare alquanto alleggeriti; o perchè essi non possano riacquistare il loro peso (se costituenti elio), riassorbendo energia dall’ambiente, in cui si trovano.

A una simile domanda si dà risposta, sviluppando ulteriormente l’ipotesi da me avanzata. Si può fare infatti un’ipotesi aggiuntiva, a quella dell’accrescimento della forza attrattiva, in conseguenza della vicinanza (ossia assai più di quanto voglia la legge di Newton). Tale ipotesi parte dalla considerazione dell’enorme forza che le ultime particelle elementari sono costrette ad esercitare reciprocamente, per costituire i nuclei. E si concreta, ammettendo che la facoltà di esercitare tale forza si attenui alquanto, in tali condizioni. Avverrebbe così, una sorta di processo di saturazione della forza attrattiva, analogo a quanto avviene (per vero in processi macroscopici) per es., nel caso della forza magnetica del ferro. A ciò corrisponderebbe l’apparente diminuzione di massa.

Riassumendo il risultato di tali ipotesi, si potrebbe ammettere che la comparsa di energia nella integrazione del nucleo di elio (donde la progettata bomba H), sia dovuta al lavoro delle forze nucleari, e che l’apparente diminuzione di massa, corrisponda all’affievolirsi della capacità attrattiva delle particelle elementari. Una simile teoria darebbe spiegazione soddisfacente del cosidetto difetto di massa, come non avviene servendosi della relatività di Einstein[5].

Tutto quanto è stato sinora esposto, concerne la prima relatività di Einstein, quella cioè formulata nel 1905. E’ noto come egli, forte del clamoroso successo ottenuto, almeno in certi ambienti, da tale sua teoria, ne formulò una seconda nel 1916. Le conclusioni di questa sono ancora più sorprendenti della prima. Occorrerebbe fermarsi a lungo su di essa, per dimostrarlo. Ma penso che tale critica non sia necessaria, in vista degli argomenti raccolti per la prima.

E mi corre l’obbligo ancora di osservare che, malgrado le obbiezioni sollevate, nel suo complesso la relatività di Einstein abbia costituito un utile strumento di lavoro. Ciò è avvenuto in maniera simile alla funzione di uu’impalcatura, che ha permesso la costruzione di un solido edificio, in questa prima metà del nuovo secolo: la scienza moderna. La relatività, per un complesso di ragioni di cui non ci rendiamo totalmente conto, e che in ogni modo sarebbe difficile esporre, si è sostituita ad una più razionale teoria dei fenomeni ottici ed elettromagnetici. Il fisico ed il matematico, in un prossimo futuro, debbono cercare di formulare più compiutamente tale teoria.

E mi avvio alla chiusa di questo mio discorso. Ho voluto esporVi il mio pensiero, circa il valore delle teorie relativistiche di Einstein. Esse sono nate nella mente di un uomo, indubbiamente di grande ingegno, ma sostanzialmente lontano dalla speculazione sperimentale. Fra le sue idee rimarrà certamente, a sua imperitura gloria, quella quantistica dell’effetto fotoelettrico, che stabilì un legame intimo e mirabile, tra elettrone e fotone. Fu per essa che egli conseguì, ben meritatamente, il premio Nobel.

Ma nel resto della sua opera ardita, troviamo degli spunti che completamente gli hanno fatto dimenticare come l’essenza della natura non può venire inquadrata in simboli matematici. Ricordo, a tal proposito, il detto di un grande matematico e fisico: il Poincaré. Secondo esso, una relazione matematica può corrispondere ad infiniti modelli fisici.

Einstein si è lasciato dominare dal concetto di attribuire determinati significati fisici (spaziale, temporale, cinematico, dinamico, ecc.) alle formule che man mano ricavava. Così, non si è peritato di dire, in sostanza, che i semplici fatti cinematici sono legati con la velocità della luce; o che la forza gravitazionale costituisca una modalità prescindibile od equivalente a premesse puramente cinematiche. Nessun fatto sperimentale giustifica tali asserzioni.

Nel progresso della Scienza, occorre riflettere che noi mai possiamo comprendere in pieno i principii intimi o primordiali dei fatti naturali, e che ci si debba accontentare di stabilire soltanto certi rapporti dimensionali, tra enti diversi, che per noi è impossibile completamente identificare.

Ad ogni modo, sembra difficile che chi si è abituato al metodo del fisico tedesco, possa per le considerazioni da me svolte, mutare pensiero. E, persuaso che gli argomenti più ascoltati sian quelli che si basano su nuovi fatti sperimentali, ho da anni cercato unexperimentum-crucis, che potesse costituire la migliore prova della fallacia delle teorie di Einstein.

Ritengo di essere recentemente riuscito in ciò, quantunque, per varie ragioni, non abbia potuto affinare i miei risultati. Si tratta della constatazione di variazioni della velocità della luce, quando è riflessa da differenti metalli. Di ciò ho dato comunicazione in questa Accademia, il 22 dello scorso aprile, ed in quella dei Lincei, il 6 giugno. Mi sto occupando di sviluppare tali ricerche, pur presentandosi a me due diverse difficoltà: da un canto la mancanza di mezzi sperimentali adeguati; e dall’altro la considerazione dell’inesorabile legge di natura, che viene a limitare per me il tempo necessario, allo svolgimento di un simile difficile programma di lavoro.

Ad ogni modo, era mio dovere manifestare chiaramente il mio pensiero, su di una questione, che, se ben risoluta, può occasionare notevole progresso della scienza.     

Note del curatore:
[1] In realtà, né l’esperimento di Michelson-Morley, né le sue ripetizioni sul Monte Wilson, eseguite da Dayton C. Miller (un assistente dei due nel corso delle prime misurazioni) negli anni tra il 1921 e il 1925, hanno mai dato un risultato decisamente negativo, ma soltanto un effetto non paragonabile con un fenomeno che dipendesse dai detti 30 Km/sec. Si tratta ovviamente di questione complessa, che non è possibile di affrontare in poche righe. Qualche cenno se ne può trovare nel sito
http://www.dipmat.unipg.it/~bartocci , al N. 12 della pagina dedicata ai Fondamenti della Fisica.
[2] In realtà, l’ipotesi di FitzGerald era ben diversa da quella di Lorentz (pur essendo entrambe basate su considerazioni fisiche, e non su semplici speculazioni matematiche introdotte ad hoc), in quanto non consisteva in una contrazione longitudinale (ovvero, nel senso del moto), bensì in una dilatazione trasversale. L’effetto pratico che ne conseguiva, a spiegare il preteso “risultato nullo” dell’esperimento di Michelson-Morley, era comunque lo stesso. Anche per questo argomento si può rimandare al sito indicato nella nota precedente, stessa pagina, N. 15.
[3] Si tratta invece, come già annunciato in sede di presentazione, di comuni fraintendimenti della cinematica relativistica, che non hanno alcuna efficacia contro la teoria di Einstein.
[4] Che la possibilità di trasformare massa in energia non sia un’ipotesi di origine strettamente relativistica, è confermato tra l’altro dalla circostanza che questo principio, “uno dei più straordinari […] che la mente umana sarebbe riuscita a scoprire”, era stato già intuito fisicamente prima della relatività, nella sua esatta formulazione quantitativa, da un sconosciuto scienziato “dilettante” italiano, certo Olinto De Pretto, il quale pubblicò l’equazione oggi celeberrima qualche anno prima del fisico tedesco. De Pretto poggiava le sue argomentazioni proprio su quella teoria dell’etere che Einstein invece abolisce (anche per qualche informazione su questa vicenda si veda il sito indicato nella nota 1, pagina dedicata alla Storia della Scienza, punti N. 9 e C).
[5] In un lavoro del 1954, “L’inerzia non appare sempre proporzionale al peso” (Rendiconti Accademia Nazionale dei Lincei, Vol. XVI, pp. 591-597), l’autore tornerà su questo argomento, concludendo con le parole: “[…] viene a confermarsi la erroneità del principio ammesso da Einstein, della trasformabilità della materia in energia e viceversa. In conseguenza, viene a mancare una delle basi fondamentali di entrambe le teorie su ricordate, come da più anni, per semplici ragioni logiche, io sostengo”.     

 Quirino Majorana (da non confondersi con il nipote Ettore, noto al grande pubblico per la sua ancora oggi inspiegata scomparsa nel 1938), nacque a Catania nel 1871, e morì a Rieti nel 1957. Fu direttore dal 1904 al 1914 dell’Istituto Superiore dei Telegrafi e Telefoni dello Stato, e quindi professore di Fisica Sperimentale prima presso il Politecnico di Torino, e in seguito, dal 1921, presso l’Università di Bologna – dove successe ad Augusto Righi come direttore dell’Istituto di Fisica di quell’Ateneo. Conseguì notevoli risultati nel campo delle telecomunicazioni, eseguendo numerose esperienze di radiotelefonia a grande distanza, dei raggi catodici, dell’effetto Volta, dei fenomeni fotoelettrici, della modulazione della luce, etc..    L’avversione dell’illustre fisico verso la teoria della relatività appare costante, e testimoniata anche in diversi altri suoi scritti. In uno di questi (“Gravità, inerzia e relatività”, Rendiconti Accademia Nazionale dei Lincei, Vol. XIV, 1953, pp. 733-740), l’autore ebbe a lamentarsi nel seguente modo: “Ritengo che la definitiva conferma dei risultati esposti, possa avere una grande importanza, per il progresso delle moderne teorie fisiche. Per mio conto, cercherò, ove ne abbia la possibilità, di conseguire tale scopo, malgrado che gli organi competenti, per ingiustificate ragioni, non abbiano mai voluto concedermi adeguati mezzi, di lavoro sperimentale”.    L’anno precedente (“Considerazioni sulle forze nucleari”, Rendiconti Accademia Nazionale dei Lincei, Vol. XIII, 1952, pp. 97-103), la recriminazione era stata del seguente tenore: “Per chiudere questa esposizione, dirò che mi sembra evidente l’attendibilità di quanto ho esposto nelle precedenti Note ed in questa. Penso che i relativisti dovrebbero prendere in considerazione il mio punto di vista, decisamente contrario alla relatività di Einstein. Se il loro silenzio dovesse continuare, mentre io da anni manifesto il mio pensiero, ciò dovrebbe interpretarsi con l’impossibilità di dimostrare l’inesattezza dell’insieme delle mie considerazioni. Invece, la serena discussione, potrebbe chiarificare una questione, che tanta importanza avrebbe per il progresso della scienza”.

[Notizie tratte da: Dizionario Enciclopedico Italiano, Treccani, Roma; si veda anche: Giorgio Dragoni, “Quirino Majorana (1871-1957)”, in Figure di Maestri che hanno operato nel corso del IX Centenario dell’Università di Bologna, Bologna: Accademia delle Scienze, 1990, pp. 225-237]
Fonte Internet : http://www.volta.alessandria.it/episteme/ep2majo.htm

15 febbraio 2012

Atlantide

Clicca per ingrandire

Elaborazione grafica dell’immagine di Atlantide di come appariva su Google Earth e su Google Maps con i parametri Photoshop (in alto a destra). Landsat 2006. Clicca sull’immagine per ingrandire.

12 febbraio 2012

Atlantide è scomparsa, di nuovo!

Nel 2009 un ingegnere britannico, Bernie Bamford, scoprì casualmente sul fondo dell’oceano Atlantico delle strane righe che ricordavano la pianta di una gigantesca città.

Sotiris Sofias, studiando approfonditamente le fotomappe sottomarine,  ha dimostrato che si tratta effettivamente delle tracce in Google Earth di Atlantide, il continente perduto di cui parla Platone in alcuni suoi dialoghi. Secondo il grande filosofo greco Atlantide era una grande isola-continente che scomparve in un giorno e una notte in seguito ad un immenso cataclisma.

Atlantide prima e dopo
Sotiris mi segnala che da Google Earth ora Atlantide è scomparsa di nuovo e altrettanto svanita a causa di un misterioso cataclisma digitale.

AGGIORNAMENTO
Sotiris Sofias mi chiede di aggiungere questa immagine:

7 febbraio 2012

Who’s afraid of Jarrah White?

Non posso fare a meno di pubblicare l’appello in video di Jarrah White contro un molestatore incallito, utente Yutube philwebb59 presumibilmente americano, che dopo aver indebitamente scovato il suo indirizzo di casa, violando dati personali, gli ha mandato cartoline di auguri e altri messaggi indesiderati.
Per me questa è roba già sentita e già vissuta personalmente. La verità fa male al potere immondo.

Può darsi si tratti del solito “pazzo solitario”. Non è escluso si tratti invece di una minaccia da parte della CIA per conto della Nasa in un momento in cui sempre più non riescono a fare credere di essere andati sulla Luna con la tecnologia antidiluviana degli anni 60.

Addirittura, Jarrah asserisce di essere stato vittima di un tentato omicidio nei suoi confronti tramite un’auto che ha cercato di investirlo mentre attraversava sulle strisce pedonali. Ovvio, che il magnifico lavoro e la notorietà acquisita in internet  da questo giovane australiano nello svelare la beffa della Luna sta cominciando a dare fastidio a qualcuno.
Chi ha paura di Jarrah White?
Don’t be afraid of them Jarrah, keep on fighting till the end, however, be careful!

7 febbraio 2012

Terremoti 2012: una previsione “bendandiana”

In un precedente post ho trattato della possibilità di terremoti nel 2012 in base al movimento della Luna, in particolari casi in cui il perigeo è particolarmente ravvicinato.
Qui sotto riporto la tabella:

Perigei e apogei del 2012Secondo Raffaele Bendandi, scienziato autodidatta faentino, l’origine dei terremoti è “prettamente cosmica”.
Leggiamo la trascrizione di una sua intervista televisiva:

Raffaele Bendandi: L’origine dei terremoti, secondo le mie teorie, è prettamente cosmica ed il terremoto avviene, secondo i dati da me raccolti e controllati, avviene quando nel giro mensile di una rivoluzione lunare l’azione del nostro satellite va a sommarsi a quella degli altri pianeti.
Giornalista: Quindi sarebbero prevedibili i terremoti?
Raffaele Bendandi: Prevedibili esattamente.

Quindi i fenomeni tellurici andrebbero ricondotti alla flessibilità della crosta terrestre, all’attrazione dei pianeti del sistema solare e la periodicità dei loro allineamenti. Ho provato quindi a vedere quali pianeti si avvicinano alla Terra nell’anno in corso, unitamente ad apogei lunari particolarmente ravvicinati.

Venere passerà vicino alla Terra il 6 giugno 2012 transitando il Sole, cioè, vista dalla Terra passerà davanti al Sole e per la geometria del sistema solare è il momento di massima vicinanza. Il pianeta Venere viene osservato il mattino presto o la sera  dopo il tramonto poiché essendo un pianeta interno si posiziona vicino al sole per un osservatore terrestre. Per questo è chiamata tra l’altro “la prima stella della sera” o “del mattino” e in altri modi poiché essendo molto luminosa, è facilmente visibile. Esso ha dimensioni molto simili alla Terra ed è il pianeta a essa più vicino con distanza di 48 milioni di km in media. Marte, il pianeta rosso, è grande circa un terzo della Terra e dista 99 milioni di km in media.
Combinando i movimenti delle orbite, Venere può avvicinarsi talora a soli 38 milioni di km e Marte a soli 56 milioni.

Bnendandi parlava di “risultante del quadrilatero delle forze”. Ora, ipotizzando che i vertici del quadrilatero siano costituiti da Luna, Terra, Marte e Venere, in quale periodo del 2012 la “risultante” della somma delle loro forze è maggiore? Bisogna rammentare che la legge di gravitazione universale postula che la forza interagente tra due pianeti è la moltiplicazione della loro massa per una costante, diviso per il quadrato della loro distanza.

Legge di gravitazione universaleQuindi la “risultante” bendandiana sulla Terra vale molto per la Luna, che è molto vicina, mentre Venere influisce assai più di Marte perché è un corpo celeste più vicino e grande a noi (valutando l’attrazione solare una costante). Considerando che il denominatore (distanza), essendo un quadrato è il numerino più significativo, in quale periodo del 2012 la “risultante” sarà più grande?

Bisogna rammentare, a questo punto, che i terremoti, nell’ipotesi dell’origine cosmica, non sono causati dalle forze applicate in se, ma dalla loro variazione. Sicché è il cambiamento di una forza applicata che destabilizza le masse rocciose causando i fenomeni tellurici. Quindi occorre tenere in considerazione non solo l’apice della forza ma anche il suo avvicinamento e allontanamento dal massimo.

Prendiamo come raggio di azione prima e dopo 45 giorni per Marte e 30 per Venere (quest’ultimo preso in considerazione solo due mesi perché essendo più veloce si avvicina e allontana più rapidamente di Marte, sebbene la variazione della forza venusiana più intensa).

Distanza minima di Marte nel 2012 (0,67 UA 3 - 13 marzo)

Marte ha il suo periodo di massimo avvicinamento all’inizio-metà marzo, quindi possiamo considerare la sua influenza da febbraio ad aprile, mentre Venere all’inizio di giugno, con influenza massima in maggio-giugno. La Luna ha apogei molto ravvicinati all’inizio di aprile, maggio e giugno.

Schema delle forzePerciò possibile ipotizzare che il periodo tra aprile e giugno 2012 (con particolare attenzione a inizio aprile e inizio giugno) sia quello in cui la risultante del parallelogramma delle forze è maggiore e quindi con più importante influenza sul nostro pianeta e probabilità di forti terremoti (oltre 7.0 di magnitudo) in qualche parte del mondo. Ovviamente, in zone già di forte instabilità della crosta terrestre, per esempio ai margini delle zolle tettoniche con possibilità di eruzioni vulcaniche.
A me  non rimane che aspettare e vedere cosa succede.

Ecco un video tratto dal Convegno internazionale sulla singolarità lunare con la interessante illustrazione delle teorie bendandiane da parte di Paola Lagorio:

3 febbraio 2012

Lo strano viaggio del dottor Von Braun

C’è un denso alone di mistero che circonda il viaggio che Wernher Von Braun effettuò in Antartide. Secondo la Nasa Von Braun nel gennaio 1967 (in piena estate antartica) si prese una “personal vacation”, un’assenza per motivi personali. Un fotografo della Nasa fece parte della squadra insieme a molti scienziati dell’ente spaziale americano nel progetto Deep Freeze.

Progetto 'Grande gelo' della NasaDa sinistra a destra: Maxime A. Faget (del NASA Space Task Group), dott. Robert Gilruth (direttore, del NASA Manned Spacecraft Center), Wernher von Braun (lo scienziato tedesco esperto di missilistica), due scienziati non identificati del misterioso Project Deep Freeze (che scommetterei sono geologi), il dott. Ernst Stuhlinger (un altro scienziato tedesco che ha lavorato con von Braun e venne portato negli USA dopo la Seconda Guerra Mondiale).
Voi siete in grado di capire il motivo per cui alti funzionari della NASA e scienziati tedeschi [naturalizzati statunitensi] esperti di missilistica vennero mandati in Antartide poco prima degli sbarchi sulla Luna della missioni Apollo?

Trovo una citazione su un sito:
“Prima del recupero sistematico di meteoriti dall’Antartide la maggior parte dei ricercatori non credeva che un frammento si potesse scheggiare da un grosso corpo planetario e poi cadere sulla Terra in forma di meteorite.
Nel 1981 questa convinzione si rivelò errata quando questo meteorite venne ritrovato vicino Allan Hills [in Antartide].
Non c’erano dubbi che provenisse dalla Luna – studi dei campioni prelevati durante le missioni Apollo hanno rivelato in esse uno spettro distinto e limitato di litologie e questo campione [prelevato in Antartide] era la copia esatta di uno dei tipi più comuni [prelevati sulla Luna].

Alti gerarchi nazisti visitano Peenemunde, Von Braun è il civile a destraWernher Von Braun era di origini nobili tedesche e anche un criminale di guerra nazista. Nelle istallazioni sotterranee di Peenemunde, nord della Germania, sotto la direzione di scienziati nazisti di cui lui era a capo, durante la seconda guerra mondiale vennero costruite le micidiali V2 precursori dei moderni missili balistici.

Non molto libri di storia menzionano che più operai, prigionieri di guerra polacchi, russi, ucraini, perirono durante la costruzione dei razzi che a causa del loro uso martellando Londra. Per una qualche incomprensibile motivo, Von Braun e altri scienziati, (un po’ come accadde per i parenti in America di Bin Laden dopo l’11 settembre) furono imbarcati e spediti in America (e in Arabia Saudita) senza essere questionati. Sfuggì in questo modo al processo di Norimberga.

Sapendo che avrebbe falsificato gli sbarchi, la Nasa organizzò la “vacanza personale” di uno dei suoi maggiori luminari a reperire le “rocce aliene” da esibire in tutto il mondo una volta effettuati i viaggi sulla Luna. Von Braun era inoltre amico di Walt Disney da più parti sospettato di avere materialmente realizzato, in quanto uomo di spettacolo, la messa in scena degli sbarchi.

Walt Disney e Wernher von Braun
Probabilmente nella stanza dei bottoni della Nasa si svolse una conversazione del genere:

Funzionario A: Ok, Walt si occupa delle quinte lunari, ma come facciamo con le rocce, se le vogliono studiare?
Funzionario B: Mandiamo fuori una spedizione a prendere meteoriti in Antartide, ho sentito che se ne trovano la.
Funzionario A: Da chi l’hai saputo?
Funzionario B: Da qualcuno dei nostri geologi.
Funzionario A: Ok, chi dovremmo mandare a raccogliere i meteoriti?
Funzionario B: Una squadra di geologi.
Funzionario A: No, è meglio mandare qualcun altro, Wernher Von Braun, ad esmpio.
Funzionario B: Perché?
Funzionario A: Se mandiamo geologi dipendenti Nasa, si chiederanno il perché, invece Von Braun come capo spedizione, penseranno che è in breve vacanza dal programma Apollo.
Funzionario B: Già, lui non è esperto di rocce, la stampa gli chiederà dei pinguini e dei trichechi…
Funzionario A: Ho capito, noi ci mettiamo nella spedizione nostri geologi specialisti in meteoriti cui la gente farà meno caso.
Funzionario B: Certo, lui potrà selezionare direttamente le rocce meteoritiche più lunari e credibili.
Funzionario A: Ok, faremo così.

LA LUNA DI CARTA (3° edizione)